Rafa Benitez, tecnico del Napoli, ha rilasciato un’intervista esclusiva al Corriere dello Sport. Ecco quanto evidenziato:
“Il calcio italiano è cambiato, adesso si gioca molto di più la palla.
Scudetto? Per ora ci sono Juventus e Roma davanti, ma il destino non è stato ancora scritto.
Il mio Napoli? Innanzitutto Napoli è una città straordinaria, ricca di storia, che ti fa respirare culturua ovunque. Dal punto di vista sportivo, meravigliosa: perché ha un senso d’appartenenza con pochi eguali. Per quanto ci riguarda, soddisfacente: abbiamo fatto bene, forse benissimo. Siamo usciti dalla Champions con dodici punti, ma giocandocela con Borussia Dortmund ed Arsenal; abbiamo conquistato trentasei punti in campionato, meglio degli anni scorsi, e però siamo dietro a Juventus e Roma: per far meglio di noi, insomma, i nostri avversari hanno avuto bisogno di realizzare imprese straordinarie.
Mercato? Non è facile trovare in giro dei calciatori più forti dei nostri.
Il calciatore più bravo che abbia allenato? Se non consideriamo quelli del Napoli, che per me sono i più forti, dico Raul al Real Madrid e Gerrard al Liverpool, ma anche Alfonso Munoz Perez poteva avere una carriera molto più brillante.
Il migliore allenatore? Dico Sacchi, in Italia, ha inciso come pochi, anzi come nessuno: ha modificato un modo di pensare, ha introdotto una filosofia all’epoca innovativa. Sui contemporanei, ho l’imbarazzo della scelta: ma nella mia classifica, ci sono sempre Wenger, Del Bosque e Guardiola, ognuno per quel che ha saputo realizzare.
Il mio metodo d’allenamento? Ognuno ha i propri sistemi di allenamento e penso che il mio passato abbia un suo peso nelle valutazioni. C’è chi sceglie il lavoro a secco, chi invece preferisce affidarsi al pallone: non sono, comunque, correnti di pensiero, ma esperienze personali che ognuno ha maturato e che porta avanti. Alla fine, comunque, sono i risultati che cambiano i giudizi, ahimé…..
Vincenti si nasce o si diventa? Si nasce, ma non parlo di me.
Io ossessionato dal calcio? E’ il mio lavoro, che vivo con passione. Poi il tempo, gli anni, l’esperienza, ti fanno valorizzare anche gli altri aspetti della vita. Dài importanza a ciò che magari in passato ti è sfuggito, cogli il senso intero della vita. Ma ci arrivi con gli anni. O se vai in un ospedale e osservi un bambino ammalato o se ti giri per le strade e t’accorgi del disagio di chi ha bisogno. Di un allenatore, di me in questo caso, viene spesso fuori solo l’immagine pubblica.
Allenare una nazionale? Me l’hanno proposto in passato, ci ho pensato, ma mi sento ancora giovane.
Formazione che sfugge persino ai calciatori? La dico pochi minuti prima della partita per non togliere motivazioni a tutti i componenti della rosa, ma non ci vedo nulla di così strano.
Il calcio del Terzo Millennio è Twitter, iPhone… E un allenatore deve essere attento anche a queste dinamiche, riuscendo comunque a coltivare lo spirito dello spogliatoio. Io parlo con i calciatori, nel modo che mi viene più naturale in quel momento: in maniera spesso diretta, o anche con messaggi subliminali.
Il nostro 2014? “Saremo presenti su tre fronti e cercheremo di fare la nostra bella figura. Vero: la Juventus è dieci punti avanti e sta facendo qualcosa di sensazionale. Vero: la Roma ha cinque punti e va applaudita, perché ancora imbattuta e dunque è a modo suo unica. Ma lo sapete quant’è lunga una maratona?”.
Fonte: Corriere dello Sport