Alla Mostra di Venezia Aurelio De Laurentiis, immerso nel mondo del cinema ha trovato spazio e tempo per parlare di calcio.Lo spunto arriva dal un riconoscimento che è andato al film «White Shadow» di Noaz Deshe, un film sugli albini africani finanziato da Ginevra Elkann. Come dire che il presidente del Napoli ha premiato la sorella del proprietario della Juventus.
Come la mettiamo, presidente?
«Beh, sono contento. Ginevra mi parlava del suo amore per il cinema da anni, noi stavamo ancora in serie B e loro pure, se non ricordo male. Vedere che ha dato una continuità alla sua passione mi fa piacere. E lo ha fatto con intelligenza, dedizione, garbo, investendoci tempo e denaro, con un occhio alle cinematografie difficili. La nostra intesa nasce dall’amore per il cinema. In questo non possiamo essere contrapposti».
Nel calcio, invece…
«Il calcio è un altro discorso».
E l’assorbe sempre di più.
«Ora sono in partenza per Ginevra, vado alla riunione dell’Eca, l’associazione dei club europei presieduta da Rummenigge. Si parlerà del futuro del calcio. Già m’immagino le discussioni, le lotte intestine…».
Il tema è impegnativo.
«Guardi, all’origine delle associazioni di categoria, di tutti i settori, c’è un grossolano misunderstanding: sembrano nate per tutelare con intelligenza il lavoro degli associati, in realtà servono solo per dare immagine, potere politico e ufficialità alle dichiarazioni di chi li rappresenta. Da 45 anni lo vedo nell’Anica, l’organismo che riunisce i produttori, dove si fanno ancora discorsi preistorici, l’ho visto nel calcio per quanto riguarda la Lega. E ho potuto appurarlo anche nell’Eca: perché invece di lasciare spazio a quei pochi illuminati che hanno la capacità di vedere i problemi al cento per cento e di creare modelli di gestione per tutti, si ricerca il potere della rappresentatività, mantenendo in piedi un carrozzone. Come si dice: più siamo, più si fa ammuina».
La sua ricetta, invece, qual è?
«Se il calcio è un’industria, allora bisogna considerarlo come tale. In Italia almeno il sessanta per cento di noi lo pensa, in alcuni paesi europei no. E quindi nelle riunioni difficilmente si approda a cambiamenti capaci di stravolgere il passato in modo positivo. Si cerca di mantenere lo status quo. Ci riuniamo per discutere del nulla. Il che mi diverte pure, voglio vedere fino a che punto arrivano».
E lei dove vuole arrivare?
«L’ho detto, bisognerebbe delegare ai pochi al di sopra di ogni sospetto che si comportano da industriali del calcio. Demandiamo al Bayern, al Borussia, al Napoli, alla Juventus, ad alcuni club che hanno abbracciato la filosofia del signor Platini del fair play finanziario, quella per cui devi avere i conti a posto per accedere a tornei che creano fatturato. Invece gli oligarchi russi e gli arabi si sono inventati modalità apparentemente corrette, in realtà scorrettissime, per finanziare a dismisura i propri club. Il Chelsea, il Manchester City e il Paris Saint Germain per loro sono dei giocattolini».
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Fonte : il Mattino